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Intervista a Il Dubbio, 11 novembre 2023, di Giacomo Puletti

Onorevole Rosato, cosa c’è da tenere e cosa da buttare in questa riforma costituzionale?

C’è da tenere il principio che le riforme costituzionali vanno fatte e che il presidente del Consiglio va rafforzato nella sua funzione. Però tutto va fatto mantenendo un certo equilibrio tra i diversi poteri dello stato. Equilibrio che deve portare il sistema ad essere più efficiente, non meno.

Questa riforma lo rende meno efficiente?

Genera un sistema molto instabile all’interno della coalizione di maggioranza, visto che, ad esempio, il premier eletto non può sciogliere le camere mentre chi lo andrebbe a sostituire sì. E poi definire un premio di maggioranza in maniera così imprecisa nel 55%, a prescindere dal risultato elettorale, mi sembra una forzatura, peraltro già stata giudicata negativamente dalla Corte costituzionale. Infine, si intaccano in maniera molto forte i poteri del presidente della Repubblica, creando una situazione di impasse istituzionale. Da una parte il premier viene eletto direttamente, dall’altra non può scegliere i ministri, responsabilità che resta in capo al presidente della Repubblica. Per non parlare di quello che manca.

Ad esempio?

Il primo punto, quello per noi più significativo, è che non c’è la fine del bicameralismo, accentuando quindi ancor di più la marginalità del potere legislativo in capo al Parlamento. Un governo che si rafforza e un Parlamento che si indebolisce: non va bene, così il sistema funziona male. E poi, se si vuole parlare di un meccanismo concreto per garantire stabilità al sistema e anche più poteri al presente del Consiglio ci vuole la sfiducia costruttiva, al contrario di quanto ci propone il governo.

Su queste colonne il presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, Alberto Balboni di Fdi, ha detto che la sfiducia costruttiva diminuirebbe ancor di più il peso del capo dello Stato: che ne pensa?

La sfiducia costruttiva è un meccanismo semplice ed efficace, che non toglie nulla al potere del presidente della Repubblica e che garantisce continuità e più forza al sistema. Per noi il punto è non disequilibrare i diversi poteri dello Stato. Nella proposta del governo si tolgono invece poteri al Colle e si depotenzia il Parlamento nella sua funzione. L’equilibrio sarebbe invece garantito da un sistema in cui la funziona legislativa del Parlamento viene confermata, anzi aumentato grazie alla fine del bicameralismo e si introduce la sfiducia costruttiva, che lascia al presidente della Repubblica la funzione di indicare il premier all’inizio della legislatura e di accompagnarne il percorso durante il suo mandato.

Fa molto discutere la norma antiribaltone, per cui in caso di caduta del premier eletto non si torna al voto ma viene nominato un altro premier all’interno della maggioranza: va cambiata?

Il problema è non ingessare la Costituzione. Con la proposta avanzata dal governo, l’esecutivo Draghi, forte di una maggioranza quasi unanime del Parlamento, non sarebbe mai potuto nascere. È sbagliato impedire alle istituzioni di affrontare le situazioni di emergenza con strumenti di emergenza. In un impianto così costruito, avere o meno quella norma cambia poco. Se non si tocca il bicameralismo e se c’è la previsione dell’elezione diretta, il sistema non sta in equilibrio, con o senza norma antiribaltone. La ritengo un inutile aggravio, ma di cui comprendo il senso e l’utilità. È semplicemente un strumento sbagliato, ma capisco il ragionamento del governo del Cdm il quale ha ritenuto che lasciare il potere di sciogliere il Parlamento a una sola persona, che non sia il capo dello Stato, sia un errore.

Tornando al premio di maggioranza: qual è la sua opinione, visto che l’attuale legge elettorale porta il suo nome e seguì da vicino anche l’Italicum legato alla riforma Renzi Boschi?

Penso che non si possa lasciare tutto alla definizione della legge elettorale, se in Costituzione si mette una soglia fissa del 55%. O non si mette nulla, e quindi si demanda alla legge elettorale, oppure si rischia di creare un pericoloso caos. Stiamo parlando di questioni per addetti ai lavori ma che impattano sulla vita di tutti. Sul merito della legge elettorale, continuo a pensare che l’accordo a suo tempo fatto tra Pd, Lega, Forza Italia, M5S sul sistema tedesco sia la soluzione migliore. Era un accordo sostenuto anche dai partiti più piccoli, che obiettavano solo sulla soglia di sbarramento. Suggerirei alla maggioranza di ripartire da lì.

Rispetto a Pd e M5S, sia Azione che Italia viva hanno aperto di più al dialogo con la maggioranza: pensa si possano trovare dei punti in comune per emendare la riforma?

Assolutamente si. Penso che sia interesse di tutti, anche di Pd e M5S, lavorare su una riforma costituzionale condivisa. Che dia più stabilità ai governi e più chiarezza nelle competenze. Ma su questo ci vuole prima di tutto la disponibilità della maggioranza. Per quanto ci riguarda siamo favorevoli a un dialogo vero e senza ostilità preconcette. Noi mettiamo dei paletti logici, non ideologici.

Pensa si possa lavorare a un terreno comune anche con le altre opposizioni, come accaduto sul salario minimo e come sta accadendo nel dibattito sulla sanità?

Tutto questo dialogo francamente non lo vedo. Nei fatti, vedo solo un’adesione di altri sul tema del salario minimo che peraltro arriva su una proposta di Calenda. Noi ci auguriamo di fare le riforme con la maggioranza, non con l’opposizione. Se ci saranno poi condizioni per fare emendamenti comuni mi fa solo piacere. Sulla costituzione e sulle istituzioni più è ampio il consenso parlamentare e meglio è per il paese.