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È stata una Pasqua diversa. Chi crede ha pregato per la pace (bella l’immagine alla via Crucis di venerdì), chi non crede ci spera. Tutti lavoriamo affinché la guerra in Ucraina possa finire al più presto, per farlo serve solidarietà, diplomazia, fermezza.
Un grande ringraziamento al nostro ambasciatore Francesco Zazo che da lunedì è tornato a Kiev e ha riaperto la nostra ambasciata nella capitale ucraina.
Le sanzioni alla Russia di Putin stanno funzionando, non lo diciamo noi ma la stessa Banca centrale di Mosca e lo stanno confermando in queste ore anche molti osservatori internazionali. Non nascondiamoci, non è una scelta semplice quella di intensificare queste sanzioni estendendole anche ad altri prodotti implica un grado di sacrificio per l’Europa, un costo che però vale la pena affrontare per ottenere la pace.

La posizione dell’Italia è molto chiara.
Non è altrettanto trasparente invece l’utilizzo che Conte ha fatto dei nostri servizi segreti nel 2019 e nel 2020 prima nel rapporto con l’amministrazione Trump poi con quella Putin.
In alcune dettagliate inchieste del Corriere e di Repubblica si sollevano nuovamente alcuni interrogativi su quello che è accaduto nell’estate 2019 e poi nei primi mesi della pandemia. Nulla di nuovo onestamente, almeno per me, ma trovare così ben descritta la subalternità di Giuseppe Conte, disposto a mettere a rischio la sicurezza nazionale per interessi personali, è impressionante.

Per fortuna oggi c’è Draghi e non più Conte a gestire questo delicato quadro internazionale, ad occuparsi dei nostri servizi segreti, ad amministrare le risorse del PNRR (proprio qualche giorno fa sono arrivati i primi 21 miliardi di euro dall’Europa).

Breve visita in Sud America. Assieme ad alcuni colleghi abbiamo incontrato autorità locali, università e comunità degli italiani che – ricordiamoci – tra l’Argentina e l’Uruguay sono quasi un milione e mezzo. Non possiamo nascondere che accanto ai rapporti commerciali e culturali consolidati in questi anni, a legare questi paesi al nostro c’è anche la storia di tante famiglie che sono emigrate qui in cerca di una nuova vita.
Qui a Montevideo, poi a Buenos Aires e Mendoza e assieme ai leader di PRO, partito antipopulista argentino